Operaio morto a Gela travolto da un pesante tubo: la Cassazione rinvia alla Corte d’Appello di Caltanissetta
Cronaca
Operaio morto a Gela travolto da un pesante tubo: la Cassazione rinvia alla Corte d’Appello di Caltanissetta
Due gli imputati assolti
A tredici anni dalla morte di Francesco Romano, un operaio di Gela di 30 anni, dipendente di un’azienda dell’indotto del petrolchimico, morto nel 2012 dopo essere rimasto schiacciato sotto uno dei pesanti tubi da 36 pollici che con altri colleghi stava spostando, all’interno dell’area di cantiere alla radice del pontile del porto-isola, la Cassazione riscrive la sentenza. Per sette imputati, tra manager dell’Eni e imprenditori dell’indotto, i giudici della Suprema Corte, hanno disposto il rinvio alla Corte d’Appello di Caltanissetta, per la rideterminazione della pena. Anche per altri due imputati e per la Bioraffineria di Gela è stato disposto un rinvio ai giudici della Corte d’Appello nissena per stabilire eventuali responsabilità penali. Due gli imputati assolti per “non aver commesso il fatto” mentre per un terzo imputato il reato è stato dichiarato estinto per morte dello stesso. A costituirsi parte civile, durante tutto il procedimento, la moglie dell’operaio e le due figlie. Ad assisterli l’avvocato Salvo Macrì. “Siamo rimasti nel processo per contribuire all'accertamento della verità fino alla fine attendendo che sia poi il giudice civile a decretare l'esatto ammontare del danno", ha detto l'avvocato Macrì. I legali degli imputati, durante il dibattimento, in più occasioni avrebbero chiesto l'estromissione dell'unica parte civile rimasta ma la moglie della vittima, assistita sempre dal suo avvocato, non ha mai avuto dubbi ed è rimasta fino alla conclusione del processo. In secondo grado, in tredici erano stati condannati a pene variabili da un minimo di sedici mesi a un massimo di un anno e mezzo.
Operaio morto a Gela travolto da un pesante tubo: la Cassazione rinvia alla Corte d'Appello di Caltanissetta
Advertising
A tredici anni dalla morte di Francesco Romano, un operaio di Gela di 30 anni, dipendente di un'azienda dell'indotto del petrolchimico, morto nel 2012 dopo essere rimasto schiacciato sotto uno dei pesanti tubi da 36 pollici che con altri colleghi stava spostando, all'interno dell'area di cantiere alla radice del pontile del porto-isola, la Cassazione riscrive la sentenza. Per sette imputati, tra manager dell'Eni e imprenditori dell'indotto, i giudici della Suprema Corte, hanno disposto il rinvio alla Corte d'Appello di Caltanissetta, per la rideterminazione della pena. Anche per altri due imputati e per la Bioraffineria di Gela è stato disposto un rinvio ai giudici della Corte d'Appello nissena per stabilire eventuali responsabilità penali. Due gli imputati assolti per "non aver commesso il fatto" mentre per un terzo imputato il reato è stato dichiarato estinto per morte dello stesso.
Advertising
A costituirsi parte civile, durante tutto il procedimento, la moglie dell'operaio e le due figlie. Ad assisterli l'avvocato Salvo Macrì. "Siamo rimasti nel processo per contribuire all'accertamento della verità fino alla fine attendendo che sia poi il giudice civile a decretare l'esatto ammontare del danno", ha detto l'avvocato Macrì. I legali degli imputati, durante il dibattimento, in più occasioni avrebbero chiesto l'estromissione dell'unica parte civile rimasta ma la moglie della vittima, assistita sempre dal suo avvocato, non ha mai avuto dubbi ed è rimasta fino alla conclusione del processo. In secondo grado, in tredici erano stati condannati a pene variabili da un minimo di sedici mesi a un massimo di un anno e mezzo.